Onorevoli Colleghi! - Conosciamo lo spessore, la qualità, la capillarità del lavoro realizzato, in Italia, dalle università della terza età.
Esse hanno dato vita nel nostro Paese ad una struttura, senza alcuno scopo di lucro, che rappresenta una parte importante di quella che oggi viene chiamata «educazione permanente degli adulti».
La loro opera si connota come un vero e proprio servizio di interesse pubblico, attuato per lo più su base volontaria, volta a promuovere cultura e saperi, a vantaggio di una fascia sempre più larga di popolazione che sempre più desidera di essere protagonista.
Si tratta, in altre parole, di un intervento diffuso che - lungi dal possedere caratteristiche di tipo assistenzialistico - è piuttosto riconducibile all'ambito delle «politiche attive».
Vengono così utilmente rimessi in circolo energie, potenzialità e interessi culturali: una crescita continua viene garantita attraverso il lavoro delle università della terza età.
Tali organismi intervengono nel pluralismo delle presenze e delle proposte, come è giusto che sia, pur nell'ambito dei necessari requisiti e controlli che la comunità chiede ed effettua.
È giusto, dunque, fornire dei segnali di attenzione e di sostegno a queste realtà. Poiché sappiamo che la materia è assegnata alle competenze delle regioni e, in particolare, a quelle dei comuni, compito dello Stato è quello di intervenire non in sostituzione bensì sul piano della complementarità che gli è proprio.