Onorevoli Colleghi! - Conosciamo lo spessore, la qualità, la capillarità del lavoro realizzato, in Italia, dalle università della terza età.
      Esse hanno dato vita nel nostro Paese ad una struttura, senza alcuno scopo di lucro, che rappresenta una parte importante di quella che oggi viene chiamata «educazione permanente degli adulti».
      La loro opera si connota come un vero e proprio servizio di interesse pubblico, attuato per lo più su base volontaria, volta a promuovere cultura e saperi, a vantaggio di una fascia sempre più larga di popolazione che sempre più desidera di essere protagonista.
      Si tratta, in altre parole, di un intervento diffuso che - lungi dal possedere caratteristiche di tipo assistenzialistico - è piuttosto riconducibile all'ambito delle «politiche attive».
      Vengono così utilmente rimessi in circolo energie, potenzialità e interessi culturali: una crescita continua viene garantita attraverso il lavoro delle università della terza età.
      Tali organismi intervengono nel pluralismo delle presenze e delle proposte, come è giusto che sia, pur nell'ambito dei necessari requisiti e controlli che la comunità chiede ed effettua.
      È giusto, dunque, fornire dei segnali di attenzione e di sostegno a queste realtà. Poiché sappiamo che la materia è assegnata alle competenze delle regioni e, in particolare, a quelle dei comuni, compito dello Stato è quello di intervenire non in sostituzione bensì sul piano della complementarità che gli è proprio.

 

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      Da qui la decisione di proporre per le università della terza età dei benefìci di ordine fiscale.
      Unicamente per salvaguardare, al fine del beneficio proposto, la necessaria omogeneità su tutto il territorio nazionale, si individuano dei requisiti per l'accesso, minimi e indispensabili.
      Si pone poi una condizione che fa salva la competenza regionale e che consiste per l'appunto nell'iscrizione delle università della terza età in appositi albi istituiti dalle regioni stesse.
      L'accesso al beneficio statale resta ulteriormente subordinato alle scelte di programmazione effettuate dalle regioni.
      Alle regioni spetta, inoltre, l'elaborazione di princìpi e criteri in base ai quali valutare la qualità dei programmi, il livello di preparazione dei docenti e la qualità della didattica delle università della terza età. Le regioni devono, altresì, assicurare attraverso il controllo preliminare e la verifica successiva, effettuata a scadenza periodica, la rispondenza delle università ai princìpi e criteri definiti.
 

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